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Patuelli: “Alzare i tassi indebolisce le banche, gli speculatori ci stanno attaccando”

Francesco Bertolino, La Stampa, 16 marzo

Redazione InPiù 17/03/2023

Patuelli: “Alzare i tassi indebolisce le banche, gli speculatori ci stanno attaccando” Patuelli: “Alzare i tassi indebolisce le banche, gli speculatori ci stanno attaccando” Il crollo di Crédit Suisse, come quello di Svb, sono lontani dalla realtà italiana ed europea. Eppure non nasconde le proprie preoccupazioni per l’aumento dei tassi d’interesse che sta indebolendo il patrimonio delle banche tricolori. Lo afferma il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli intervistato da Francesco Bertolino per La Stampa del 16 marzo. A innescare il crollo di Credit Suisse sono state le dichiarazioni del capo della banca nazionale saudita che si è detto indisponibile a fornire ulteriori capitali, nonostante l’istituto non ne abbia fatto richiesta. Una dichiarazione improvvisa da parte del primo azionista della banca o maliziosa? «La Svizzera non fa parte dell’Ue né dell’Unione bancaria europea, quindi è fuori dalle sue regole: è un caso unico e specifico. Hanno norme che per decenni o addirittura secoli hanno attratto liquidità da tutte le parti del mondo e di ogni genere», dice il numero uno dei banchieri italiani. «Ora questa Strategia sta causando loro difficoltà, destabilizzando il sistema elvetico. Ma è un problema distinto e distante: è intrinseco all’essenza industriale delle banche svizzere e alla loro compagine azionaria che sono estranee al modello bancario dell’Ue», sottolinea. Vede parallelismi con la situazione di Silicon Valley Bank? «Non parlerei di collegamenti. Noto però che le banche californiane e svizzere sono entrambe al di fuori dell’Unione europea». Si tratta solo di una coincidenza temporale? «Le due partite sono diverse, ma si giocano in due tipologie statuali che hanno avuto nella loro storia regole meno rigide rispetto all’Unione europea. Hanno cercato di attrarre fondi e ci sono riusciti: chiaramente, se poi gli azionisti non sostengono più la banca, emergono problemi. Ma, ripeto, non è un problema nostro. L’Ue ha i suoi difetti e si evidenziano anche troppo. Ha però un sistema di norme rigido e chiaro che assicura massima trasparenza e stabilità». Quindi non vede rischi per le banche italiane? «Io non ho flusso di vigilanza, quindi ragiono sui fenomeni dall’esterno. È chiaro che quando ci sono criticità anche fuori dall’Ue non fanno bene e i conti si faranno alla fine. Siamo però ormai abituati a pensare che ogni crisi bancaria debba riguardare gli italiani. Possono invece sussistere anche problemi lontani da noi». Come si spiega il crollo delle banche europee in borsa? «Il terremoto è anzitutto meno forte che in Svizzera. È comunque dovuto ai classici movimenti degli speculatori. Vendono azioni allo scoperto nel momento di panico per poi andarsi a ricoprire quando le acque si calmano, guadagnando nel frattempo sulla differenza di prezzo fra vendita e riacquisto». C’è quindi un attacco speculativo in corso sulle banche? «Premetto che non siamo ai minimi dell’ultimo biennio: le azioni bancarie erano salite in maniera formidabile negli ultimi mesi. Ora il crac di Svb prima e le tensioni su Credit Suisse poi hanno fornito l’occasione per innescare il meccanismo della speculazione». Il rialzo repentino dei tassi sta creando perdite anche nel portafoglio obbligazionario delle banche italiane. Non è un motivo di preoccupazione? «Lo è e lo sostengo da tempo. L’Europa e l’Italia si sono abituate ai tassi zero che erano in vigore da un decennio. Ora che salgono ci sono sorprese, in particolare le minusvalenze sui portafogli titoli e quindi indebolimenti di carattere Larry Fink, Ceo BlackRock delle regole avranno un effetto a cascata sul settore delle banche regionali americano con ulteriori chiusure». — Patrimoniale delle banche». Come porvi rimedio? «Accantonando molti degli utili che maturano. Poiché le minusvalenze sui titoli riducono il patrimonio, bisogna aumentare gli accantonamenti per mantenere gli indici elevati di solidità patrimoniale imposti dall’Ue. È quanto il presidente della Vigilanza Ue, Andrea Enria, ripete da tempo». È probabile quindi una riduzione dei dividendi per i soci delle banche? «Questa è un’eterna questione: bisogna trovare banca per banca e sotto la supervisione della vigilanza il giusto equilibrio fra accantonamenti e remunerazione degli azionisti. Il punto è che non era vera la vulgata che i tassi più alti fossero una manna per le banche che guadagnano di più dai prestiti. L’aumento del costo del denaro comporta anche grandi svantaggi».
 
Quali? «Il costo della provvista sale perché devono incrementare la remunerazione dei depositi dei clienti. La crescita dei tassi sui prestiti può portare a un aumento dei default e delle sofferenze, che di nuovo richiedono maggiori accantonamenti per coprire rischi di credito». Consiglia maggior prudenza alla Bce nella stretta monetaria? «Sono d’accordo con quanto detto da Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce, e dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Occorre una riflessione ulteriore che tenga conto di tutti i dati reali, inclusa la discesa del costo del gas, ormai da diverse settimane al di sotto di 50 euro. Sarebbe opportuno tener conto anche di quanto avvenuto negli Stati Uniti e in Svizzera prima di prendere decisioni. Poi le scelte delle banche centrali sono come quelle della Corte Costituzionale, sono inappellabili». Non crede che, come i giudici, anche i banchieri centrali dovrebbero parlare con i provvedimenti e astenersi da dichiarazioni che possono confondere gli investitori? «Noi siamo abituati alle consuetudini della Banca d’Italia che, quando gestiva la lira, si limitava a comunicati di tre righe. Anche io mi sorprendo talvolta della loquacità dei banchieri centrali, ma l’Europa e la Bce sono un condominio, dove ciascuno ha libertà di parola e dove talvolta si può anche litigare». Pensa che i recenti tormenti bancari favoriranno la ratifica del Meccanismo europeo di stabilità? «Ho fatto un fioretto di non parlare del Mes. Il dibattito in Italia è troppo politico e non ci voglio entrare». La questione riguarda anche le banche: la ratifica del Mes pare collegata al varo di un’assicurazione europea sui depositi. «Non la vedo per nulla vicina e le banche italiane continuano a pagare il fondo interbancario di tutela dei depositi che, quando le è stato consentito dall’Ue, è stato in grado di risolvere tutte le crisi bancarie e continua a fare egregiamente fronte ai loro impegni». Dal vostro ultimo bollettino emerge un aumento delle sofferenze e un calo dei depositi. «Le sofferenze sono calate molto negli ultimi anni, ma il miliardo aggiuntivo registrato nell’ultimo mese può essere un segnale di inversione di tendenza da non sottovalutare. Quanto al dato sui depositi, è legato soprattutto alla crescita dei tassi che spinge i risparmiatori è a spostare la liquidità dal conto corrente, uno strumento di servizio, a prodotti di investimento che siano redditizi. È un fenomeno fisiologico e confermato dal successo delle ultime emissioni dei titoli di Stato italiani».
 
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