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Il colpo cinese
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Redazione InPiù 16/03/2023

Danilo Taino sul Corriere della Sera analizza le mosse cinesi nel Medio Oriente: “Gli Alti rappresentanti di Cina, Arabia Saudita e Iran – scrive l’editorialista - si sono un po’ complicati la vita, la settimana scorsa, quando si sono incontrati a Pechino. Ma hanno fatto sapere che stiamo entrando in un nuovo mondo. Improvvisamente, la Cina assume il ruolo di grande mediatore di potere in Medio Oriente, dove finora i suoi interessi erano stati solo strettamente economici e legati alla necessità di approvvigionarsi di energia. Il ruolo svolto da decenni nella regione dagli Stati Uniti ha ora un rivale che fa sul serio e ha i mezzi per farsi ulteriormente spazio. Per Pechino, la mediazione coronata da successo—soprattutto se prenderà davvero forma, cosa non del tutto scontata — è un colpo di diplomazia di prim'ordine. E un segno di potere: dice che la Cina è pronta a sfidare l’egemonia degli Stati Uniti non solo nei mari cinesi ma anche in teatri considerati riserva di Washington e dei suoi presidenti. Che si muove con un disegno globale. Un passo – sottolinea Taino - che potrebbe abbassare le tensioni nel Medio Oriente oppure, al contrario, accrescere le rivalità tra i Paesi se a esso non seguiranno altre iniziative per ridurre le tensioni sempre fortissime nell’area. E che comunque è una sfida aperta a Joe Biden, il quale si è mosso con estrema ambiguità sia nei confronti dei sauditi sia nei confronti degli iraniani. C’è un corollario, infine, che dovrebbe preoccupare seriamente Stati Uniti ed Europa. Si sta formando una sorta di «asse dei despoti» indirizzato dall’egemonia cinese che ha ambizioni globali. Immediatamente, sfida la capacità americana di contrastarlo in più regioni, in Europa con l’Ucraina, in Asia con Taiwan, ora in Medio Oriente. E ha alcuni fan nel mondo, Venezuela e Corea del Nord, per dire. Washington difficilmente potrà, da sola, contrastarlo ovunque, soprattutto se aumentassero le sfide militari. Sul lungo periodo, l’obiettivo degli autocrati – conclude - è piegare le norme che regolano la vita internazionale ai loro metodi, non piacevoli, di governare. E non è questione di lingua inglese”.
Stefano Folli, la Repubblica
“Il salario minimo è la prima battaglia su cui Elly Schlein impegna il Pd, una bandiera ideale della sinistra che negli anni è rimasta tale, senza mai assumere forza di legge. Le cause sono varie e naturalmente la destra su questo ironizza”. Lo scrive Stefano Folli su Repubblica parlando di riforma fiscale e bivio per il Pd: “La neo segretaria – sottolinea l’editorialista - vuole cominciare di qui, da qualcosa di concreto in grado di trasmettere un messaggio coerente all’elettorato della sinistra, in particolare ai ceti più deboli che sono anche i più bistrattati dalla crisi. Il salario minimo è una misura necessaria, nell’ottica della sinistra, ma è solo un primo passo, quasi un provvedimento d’emergenza. In realtà è evidente che il “ringiovanimento” democratico dovrà affermarsi attraverso un disegno riformatore. Ed è difficile credere che le riforme, per quanto ben studiate, possano piacere a tutti. Non a caso la ricerca spasmodica del consenso tende quasi sempre a mettere in angolo i progetti riformisti. Ieri sera – scrive Folli - il Consiglio dei ministri ha definito le intenzioni del centrodestra e ora anche l’opposizione dovrà esprimere una sua linea. Escluso che possa svilupparsi in questo momento una forma di cooperazione in Parlamento, resta da capire come intende muoversi il Pd di Elly Schlein, al di là delle prime dichiarazioni. Senza dubbio la riforma del fisco, purché concepita nel rispetto dei conti pubblici, è tra le più significative per tracciare il profilo della società verso cui si vuole tendere. Il governo ha giocato la sua carta. L’opposizione può decidere che qualunque sistema volto a ripensare le aliquote e ad abbassare il carico fiscale a favore del ceto medio sia ‘un regalo agli evasori’ o almeno ‘ai ricchi’. Oppure può discutere di un proprio schema volto all’obiettivo di non abbandonare quegli stessi ceti al centrodestra. In ogni caso – conclude - è qui una delle discriminanti cruciali per capire verso quale sinistra la Schlein vuole guidare il suo partito”.
Marco Zatterin, La Stampa
Marco Zatterin sulla Stampa commenta la decisione della Banca centrale europea di ieri: “La Bce – scrive l’editoralista - non cambia la rotta e alza i tassi di interesse di mezzo punto. Il ragionamento del Consiglio esecutivo della Banca centrale europea è che negli ultimi giorni (nonostante i casi di Svb e Credit Suisse ndr) lo scenario non è cambiato; dunque, l’inflazione ‘rimarrà troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato’. L’economia migliora e la crescita potrà essere superiore alle aspettative. Su coi tassi, allora, nonostante i quattro voti contrari in Consiglio. Guardiamola dall’altro lato dello specchio. Gli gnomi di Francoforte hanno pensato che invertire la strategia e non alzare, o alzare meno, i tassi avrebbe (uno) incrinato la credibilità dell’istituzione, (due) avrebbe fatto pensare che il sisma bancario sia una minaccia seria e concreta, (tre) non avrebbe difeso l’Eurozona dall’inflazione ancora alta e non domata. Funzionerà? La Bce è apparsa in ritardo nella sua azione volta a calmierare i prezzi. Il timore nutrito in molti Paesi, fra cui l’Italia – spiega Zatterin - è che la persistente stretta possa strozzare un ciclo economico che le previsioni indicano migliore di quanto si attendeva solo pochi mesi fa. Tutto questo non succederà se a Francoforte hanno pesato bene i numeri a loro disposizione. Se è vera la certezza che le banche sono immuni dagli choc di importazione, che l’inflazione è ancora una minaccia, che il rischio di una frammentazione del mercato dei titoli non è alle porte, e che la geopolitica, come avvertiva Ignazio Visco, non rende troppo difficili da prevedere gli scenari macroeconomici. Sarebbe confortante se l’analisi e la strategia non si riducessero alla difesa della credibilità e alla resa alle pressioni dei banchieri centrali nordici, i veri nerd della lotta al carovita. Lì fuori c’è una guerra (non solo metaforica) e non una esercitazione. Se ha ragione Madame Lagarde, applausi per il sangue freddo. Se sbaglia, il conto rischia di essere molto elevato. È duro fare il banchiere centrale, devi capire e spiegare quello che non si vede. Poi però, più presto che tardi, arriva la verifica sul campo. Con l’aria che tira – conclude Zatterin - sarà questione di poche settimane per vedere chi ha ragione. Se non di giorni”.
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