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Verena Ross: sui mercati alti rischi di shock
Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore, 10 marzo
Redazione InPiù 10/03/2023

Di cyber risk si parla molto: che cosa c'è ancora da fare? «E' fondamentale che tutti lavorino per la resilienza del contesto operativo di mercato. In Europa abbiamo Dora, il Digital Operational Resilience Act, ed è un grande passo avanti. Ma non dimentichiamo che ormai il cyber è un'arma vera e propria, che può essere dispiegata in tutta la sua potenza: non possiamo sottovalutarne la pericolosità». In ambito cripto è di queste ore la notizia della chiusura forzata di Silvergate bank, collegata all'omonima piattaforma. In Italia ci credevamo relativamente al sicuro ma abbiamo il caso The Rock Trading: vede particolari rischi anche per l'Europa? «Le criptovalute sono un mercato globale per definizione, dunque in tutto il mondo, Europa compresa, si corrono gli stessi rischi. Per questo la cooperazione è fondamentale». In Europa però abbiamo il regolamento MiCA, che peraltro attribuisce all'Esma nuovi poteri d'intervento: è sufficiente? «È un passo nella direzione giusta, perché offre un regime europeo unico per le cripto. Ma per certi aspetti è stato pensato in un'altra epoca, quindi per la sua efficacia sarà decisiva la fase dell'implementazione: come nel caso della Mifid, è qui che dovremo garantire un'adeguata protezione agli investitori; saranno decisive le prassi che verranno adottate e la cooperazione tra regolatori».
Dopo Brexit la cooperazione ha un ostacolo in più. «Brexit poteva essere uno shock, invece tutti insieme abbiamo garantito la stabilità dei mercati». Ma c'è ancora confusione su più fronti, come quello delicatissimo del clearing, dove Londra è ancora un baricentro. «Quello delle controparti centrali, e della necessità di basarne il maggior numero possibile in Europa, è un tema centrale, collegato a uno dei rischi sistemici di questa fase. Per questo rappresenta uno dei principali sforzi in cui siamo impegnati insieme agli altri supervisori». Ancora a proposito di rischi: vede un particolare allarme sugli illiquidi? Qualche nuova spia si è accesa negli ultimi mesi. «È sicuramente uno dei temi che monitoriamo, perché in situazioni di alta volatilità come quella che stiamo fronteggiando ci sono società specializzate su nicchie molto verticali che rischiano di subire impatti particolarmente pesanti». Parliamo di Esg, altro tema nodale sotto molti di punti di vista. Al punto che in molti lamentano un eccesso di regole e di definizioni. «Qui l'Europa ha un'agenda molto ambiziosa, che per parte nostra supportiamo con decisione. In effetti c'è stata una grande produzione di leggi, tassonomie e regolamenti: siamo alle prese con una casa costruita solo a metà, a cui manca ancora il tetto e non solo. Per questo serve tempo e il coordinamento di tutti, in nome della trasparenza: questo mercato sarà pienamente efficiente solo quando tutti gli investitori saranno messi in condizione di fare scelte informate».
L'attenzione così alta ha moltiplicato i casi di greenwashing: per il più eclatante accertato in Europa, relativo a Dws, abbiamo però dovuto aspettare la Sec... «Quando si moltiplica la domanda di investimenti Esg è normale che salga anche la tentazione di stressarne o camuffarne gli aspetti. Sappiamo che dobbiamo essere tutti attenti, ma non è facile verificare il rispetto delle buone pratiche. Lo diventerà, insisto, quando a tutti i livelli ci concentreremo sulla trasparenza». La trasparenza, come accennava, è un valore determinante soprattutto per la platea retail: secondo lei quale ruolo spetta ai piccoli investitori in un mercato ormai globale e digitale? «Guardi, una delle nostre priorità è proprio assicurarci che trovino il posto che meritano. Da parte loro c'è una crescente domanda di investimento, che si accompagna alla sete di risorse dell'economia reale: la chiave è incrociare queste due dinamiche nel modo giusto». Qui arriviamo al tema, molto dibattuto, della remunerazione dell'industria del risparmio, con la proposta della Commissione di eliminare gli inducement. Che ne pensa? «Mifid 2 ha consentito grandi passi avanti sulla trasparenza, ma molti investitori non sanno ancora quali siano veramente i costi dell'attività di consulenza perché sono spalmati lungo tutta la filiera. Costi che peraltro sono molto variabili, e legati ai prodotti o ai Paesi in cui sono venduti. Il sistema migliore di remunerazione è quello che saprà dare maggior trasparenza anche a questa voce di spesa».
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