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Se Parigi torna in piazza
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Redazione InPiù 08/03/2023

“La Francia ritrova la sua maledizione: la riforma delle pensioni: «L’ossessione della tecnocrazia francese» secondo Jérôme Fenoglio, direttore del Monde”. Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera prova a spiegare le radici della protesta francese: “Il grande sciopero dell’altro ieri, con tre milioni e mezzo di lavoratori in piazza - scerive l'editorialista - è solo una battaglia di una lunga guerra. Resta da capire perché sono proprio le pensioni, e non ad esempio i salari o il lavoro per i giovani, ad accendere la miccia della rivolta. Nel gennaio 1996 la riforma proposta da Chirac e dal suo primo ministro Alain Juppé, un cauto centrista, innescò la più grande ribellione di strada dai tempi del Maggio 1968. La spiegazione – sottolinea l’editorialista - è che nulla come le pensioni fotografa meglio il contrasto tra le élites e il popolo. Tra il vertice e la base della piramide. Tra i tecnici, che spiegano come dovrebbe funzionare il mondo, e l’uomo comune, che il mondo lo deve vivere com’è; e siccome la maggioranza degli uomini comuni fa lavori duri e malpagati, e accoglie la «retraite» come una liberazione, ogni tanto si indigna moltissimo. Non a caso oggi due terzi degli elettori appoggiano la protesta. La società francese – osserva Cazzullo - non avanza per riforme, ma per rivoluzioni. Non è pragmatica, è ideologica. E le strade di Parigi, inutilmente allargate dal prefetto Haussmann per rendere più difficile innalzare barricate, restano un mito politico. La riforma delle pensioni di Macron alla fine passerà. Il presidente non ha la maggioranza assoluta in Parlamento; ma non esiste neppure una maggioranza contro di lui. Quel che rimane della destra moderata potrebbe appoggiarlo; e in ogni caso la Francia è una Repubblica semipresidenziale, i meccanismi di protezione dell’esecutivo consentono di far passare una legge anche senza la maggioranza dei voti. Ma non è con queste forzature che si sciolgono i nodi politici, che si governa un grande Paese europeo. In ogni caso, la Francia sente di non contare molto più di nulla nel nuovo ordine mondiale; e chiede almeno di vivere meglio. Le disuguaglianze – conclude - mordono la coesione sociale”.
Stefano Folli, la Repubblica
“Con Elly Schlein la formula del cosiddetto ‘campo largo’ esce dal cassetto, ma in un senso diverso”. Stefano Folli su Repubblica fa il punto sulle strategie divergenti di Schlein e Meloni: “il ‘campo largo’ – scrive l’editorialista - adesso è la piazza di Firenze, è l’abbraccio tra la neosegretaria e Conte, è la soddisfazione di Fratoianni. In altre parole è la volontà di restituire l’orgoglio alla sinistra. Non c’è al momento un progetto ben definito per l’Italia di oggi e di domani, tantomeno un’idea realmente riformista. Peraltro il ritorno alle battaglie progressiste è tutto da verificare nei fatti. Pd e 5S si dicono pronti a riproporre il tema storico del salario minimo, ma già sulla questione del termovalorizzatore di Roma — tutt’altro che secondaria nel suo simbolismo — cala la nebbia: contrario Conte, molto vaga Elly Schlein. Si vedrà. Il rischio è che una certa radicalizzazione dei toni, unita a un’ulteriore torsione populista dei programmi, finisca per spingere l’intesa a sinistra verso posizioni tanto vibranti nelle dichiarazioni di principio quanto povere di effetti pratici. È ovvio – spiega Folli - che una radicalizzazione di Fratelli d’Italia e magari dell’alleato leghista servirebbe a giustificare e motivare la nuova intesa a sinistra. Una polarizzazione sinistra-destra, come dicono i politologi, taglierebbe fuori tutte le forze intermedie e darebbe luogo a uno scontro forse definitivo. Ma è a questo che si prepara Giorgia Meloni? C’è da dubitarne. Specie dopo il dramma di Cutro, sembra che la strategia della premier vada in una direzione diversa. I toni verso l’Unione sono più concilianti e viceversa, come testimonia la lettera ricevuta da Ursula von der Leyen. La ricerca di un’intesa con il Ppe è un altro indizio impensabile ancora sei mesi fa. Idem per quanto riguarda la linea istituzionale, il rapporto di grande rispetto verso il Quirinale; e così via. La sinistra dovrebbe temere l’insidia. Una destra che avvolge le sue politiche in un involucro moderato, nel momento in cui l’ex ‘campo largo’ tende invece a radicalizzarsi – conclude Folli - può risultare convincente per la platea degli indecisi. Quelli che spesso decidono le elezioni”.
Mario Deaglio, La Stampa
Mario Deaglio sulla Stampa analizza il quadro inflazionistico Usa e quello europeo: “Per cercare di orientarsi in questo complicato labirinto – scrive l’economista - è forse utile paragonare l’attuale inflazione europea al Covid. Siamo stati attaccati da un virus economico che, come il Covid stesso, si presenta con diverse varianti. La variante europea è nettamente diversa da quella americana e quindi diversa deve essere la cura: gli Stati Uniti probabilmente fanno bene a proseguire nello strappo all’insù dei loro tassi di interesse, la Bce deve invece essere molto più cauta”. Deaglio spiega infatti che l’inflazione negli Usa è derivata da un’impennata della domanda mentre in Europa da una scarsità di offerta (dei prodotti energetici in particolare): “Torniamo alle somiglianze tra inflazione e Covid: dobbiamo constatare – prosegue Deaglio - che gli economisti (e i governi) non sono ancora riusciti a mettere a punto alcun vaccino. E quindi le banche centrali sono chiamate a usare come principale, forse unico, strumento di difesa la manovra del costo del denaro, il che è un po’ come curare la pandemia con un febbrifugo. Certo, il febbrifugo scaccia la febbre, ma il malato rimane privo di forze, fa fatica ad alzarsi dal letto e non si può dire che sia guarito”. Secondo l’editorialista, servono “riforme strutturali e piani di investimento, naturalmente senza rinunciare a usare con oculatezza la variazione del costo del denaro. Occorre, in altre parole, proseguire lungo la via aperta con il Pnrr e muoversi nella direzione di politiche industriali attive -necessariamente a livello europeo e non nazionale - tese a non lasciare l’Europa ai margini dei forti sviluppi tecnologici che abbiamo davanti. L’Ue ha mostrato l’intenzione di muoversi in questa direzione anche perché non si può immaginare che, in un mondo post-globale lacerato da conflitti di ogni genere, sia possibile pensare allo sviluppo solo in termini di costo del denaro e dimenticandosi dei ‘microchip’. Occorre inoltre operare redistribuzioni di reddito, partendo dal recupero a tassazione gli ingentissimi capitali che – specie nei settori legati al mondo di Internet – riescono a pagare imposte molto basse”.
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