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Altro parere

La vera partita inizia adesso

Redazione InPiù 06/03/2023

Altro parere Altro parere Marcello Zacché, il Giornale
“Dopo 135 giorni il governo Meloni apre i primi dossier che contano. Quelli economici”. Lo scrive Marcello Zacché sul Giornale. “Non è una sorpresa – osserva l’editorialista - la premier lo aveva detto chiaro fin dalle prime ore successive al giuramento del 22 ottobre scorso quando, senza il tempo di tirare il fiato, l'esecutivo si era immerso nella stesura della manovra di Bilancio. In questi 135 giorni la cifra dell'attività di questo governo è stata di volta in volta misurata sulle questioni più varie. Si è passati dalle accise sulla benzina, al carcere duro per l'anarchico Cospito; dal video di Zelensky a Sanremo, al bubbone del Superbonus. Non che queste storie non fossero importanti o non meritassero di essere discusse. Ma ogni questione finiva per essere presentata come la prova del nove o l'esame di maturità di questo nuovo governo del Paese, con tanto di tifoserie schierate di qua e di là. Peccato che non è su questo che gli elettori votano alle politiche. Certo sì – sottolinea Zacché -lo «stato emotivo» di ogni singola questione conta e anche molto nell'appartenenza a una parte politica. Ma poi non ci governi mai un Paese. La più grande ed evoluta democrazia del pianeta, gli Usa, insegna che sono le questioni economiche quelle che alla lunga trascinano e determinano longeve leadership politiche. Al cittadino medio del mondo occidentale interessa il benessere, privato e collettivo. Interessano la sanità, le tasse, il reddito, le pensioni: Sapere come far ripartire l’ascensore sociale, fermo da tempo: interessa capire se e come fare la manutenzione per rimetterlo in moto. Ora, quando il 2023 è ancora all'inizio, l'impressione è che, con la riforma del fisco e quella del reddito di cittadinanza, la macchina si sia messa in moto. Gli obiettivi sono tanto ambiziosi quanto difficili da programmare perché lo scenario congiunturale era e resta pessimo. Partire prima, in ogni caso, non era possibile. Farlo adesso – conclude - è doveroso e permette di dare all’azione di governo la prospettiva che ancora mancava. E’ come se la partita iniziasse adesso”.
 
Matteo Mattzuzzi, il Foglio
“Il Papa non si è iscritto a Fratelli d’Italia né si aspetta di finire nel pantheon del partito di Giorgia Meloni. Però le parole pronunciate domenica al termine dell’Angelus, commentando il naufragio dell’imbarcazione al largo delle coste crotonesi non sono dispiaciute al governo”. Così Matteo Mattzuzzi sul Foglio: “Da destra, scontata – scrive l’editorialista - s’è levata la ola di giubilo: il Papa la pensa come noi. Da sinistra, silenzio imbarazzato. Motivato anche dalla constatazione di una sintonia tra Francesco e la premier, che non a caso lunedì presenterà insieme al segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, il nuovo libro di Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica. Proprio Parolin – osserva - ieri, ha sottolineato che ‘su quello che ha detto il Papa, e cioè fermare i trafficanti, credo che siamo tutti d’accordo visto che c’è stato un commento anche da parte del presidente del Consiglio, si è detta molto d’accordo col Papa, le persone che hanno un pochino di buon senso e di buona volontà convergono su questo richiamo. Credo che le soluzioni vanno trovate a livello politico e soprattutto attraverso la collaborazione tra tutti gli stati europei’. Le parole di Francesco – sottolinea Mattzzzi - hanno valore perché lui, più di tutti, insiste sul dramma delle migrazioni e sul Mediterraneo trasformato in un cimitero. Tornando da Ginevra, cinque anni fa, disse ai giornalisti: ‘Io ho parlato tanto sui rifugiati. I criteri sono in quello che ho detto: accogliere, accompagnare, promuovere, integrare. Poi ho detto che ogni paese deve fare questo con la virtù del governo che è la prudenza, deve accogliere quanti può, quanti può integrarne, dare lavoro’. Tra il Vaticano e Palazzo Chigi c’è un filo diretto che va oltre il colore politico del governo pro tempore: al Papa non piaceva la politica di Marco Minniti quand’era al Viminale così come non faceva mistero di non gradire il modus operandi di Matteo Salvini (mai ricevuto ai tempi del governo gialloverde), nonostante lo sventolio di rosari e di croci francescane. Il low profile meloniano – conclude - almeno per ora, pare aver fatto breccia nel pragmatico Francesco”.
 
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