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Le profezie (sbagliate) sulla crisi

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 06/03/2023

In edicola In edicola Federico Rampini, Corriere della Sera
Federico Rampini sul Corriere della Sera analizza le profezie – sbagliate – sulla crisi: “Un anno fa a quest’epoca – scrive l’editorialista - l’Occidente cominciava ad applicare le sanzioni economiche contro la Russia. Ne seguì uno psicodramma nazionale, sui danni tremendi che ci saremmo auto-inflitti con quelle sanzioni. Un anno dopo, nulla di tutto ciò si è verificato. La distanza dalle profezie apocalittiche di un anno fa è abissale. Ci impone di analizzare le cause di una previsione così clamorosamente sbagliata. La Russia — proprio per l’incapacità di Putin di modernizzarla — ha un’economia minuscola: pesa un quattordicesimo di quella americana, non si classifica tra le prime dieci economie del pianeta. Ciò che è avvenuto all’economia italiana nel 2022 ci ricorda a quale mondo apparteniamo. Il concetto di Occidente – sottolinea Rampni - non evoca soltanto una realtà geopolitica, un sistema di alleanze, un modello di valori al quale ci sforziamo di essere fedeli: è anche un aggregato di interessi materiali, costruito in molti decenni di scambi commerciali e investimenti. I nostri mercati di gran lunga più importanti sono e resteranno sempre dislocati sull’asse atlantico, situati nell’Unione europea e nel Nordamerica. Un altro allarme da ridimensionare riguarda il costo dei nostri aiuti all’Ucraina. Un’illusione ottica li ingigantisce, e non solo in Italia. Chi sta facendo di più in assoluto per sostenere l’Ucraina, cioè gli Stati Uniti – ricorda - ha speso finora lo 0,2% del suo Pil per fornire assistenza economica, umanitaria e militare a Kiev. Tutti gli altri hanno fatto molto meno. Dopo aver constatato che anche questa Apocalisse era un’allucinazione, dovremmo concederci un riconoscimento. Se i danni paventati non si sono verificati, lo dobbiamo ai due ingredienti del modello occidentale: l’economia di mercato e la democrazia. Ma per la stessa ragione per cui ce la siamo cavata così bene negli ultimi dodici mesi, sarebbe ingenuo sottovalutare i segnali che vengono dalle nostre opinioni pubbliche. La strada è ancora lunga. Di sicuro a Washington – conclude Rampini - la ricerca di una via d’uscita verrà accelerata dall’avvicinarsi dell’elezione presidenziale nel 2024”.
 
Francesco Bei, la Repubblica
“La gran parte dei migranti morti a poche decine di metri dalla costa italiana erano afghani, in fuga da un Paese abbandonato dall’Occidente nelle mani di un regime settario e feroce”. Così Francesco Bei su Repubblica sottolineando che “non è un caso quindi se il presidente Mattarella, nel discorso pronunciato ieri davanti ai professori e agli studenti dell’università della Basilicata, abbia fatto un preciso riferimento proprio all’Afghanistan, chiamando quei morti con la parola più adatta a descrivere la loro condizione: «profughi». A cui – ricorda l’editorialista - la Costituzione italiana, di cui il capo dello Stato è supremo garante, offre una protezione totale all’articolo 10, in quella prima parte della Carta dove sono scolpiti i diritti fondamentali. Precisare che quei morti avrebbero avuto in Italia diritto d’asilo non è scontato né banale, soprattutto se il Presidente scandisce queste parole alla vigilia della relazione del ministro Piantedosi davanti al Parlamento e prima che il governo si riunisca eccezionalmente a Cutro giovedì. Meloni, quando a Palazzo Chigi governava Renzi, chiese l’incriminazione dell’allora presidente del Consiglio «per il reato di strage colposa» di fronte a un naufragio (avvenuto peraltro in Libia, non in Calabria). Ora che a Palazzo Chigi siede lei – osserva Bei - si arrabbia se qualcuno le ricorda le strumentalizzazioni del passato; invece di prendersela con i commentatori, dovrebbe piuttosto guardare più attentamente al problema politico che ha in casa. Perché è chiaro che il ministro Piantedosi non si muove da solo, ma interpreta fedelmente la linea politica del leader di cui è stato capo di gabinetto al Viminale nel primo governo Conte: Matteo Salvini. Meloni sembra aver capito che con gli slogan non si va lontano e, dopo aver chiuso in un cassetto la fesseria del blocco navale, ha iniziato un necessario e difficile negoziato dei piccoli passi con i partner dell’Unione. Meloni si trova così tra Scilla e Cariddi, schiacciata tra il richiamo di Mattarella da una parte e la competizione interna dall’altra. È una difficile prova di leadership proprio su un tema, quello dell’immigrazione, dal quale Meloni – conclude Bei - forse non si aspettava che sarebbero venuti i problemi politici maggiori per il suo governo”.
 
Chiara Saraceno, La Stampa
Chiara Saraceno sulla Stampa esamina la riforma del Reddito di cittadinanza che delinea la nuova misura (Mia - Misura di inclusione attiva): “Sicuramente positivo è il fatto che sia stata abbandonata l'idea di lasciare senza sostegno economico coloro che sono ritenuti occupabili. Positiva – scrive Saraceno - è anche l'attenzione per le politiche attive del lavoro in cui coinvolgere coloro che sono definiti "occupabili" ', intendendo non solo l'incrocio di domanda e offerta tramite una piattaforma digitale, ma concrete attività di formazione e consulenza. Le politiche attive del lavoro continuano ad essere il tallone d'Achille delle politiche del lavoro (e dell'assistenza) italiane. Aggiungo che il programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori) riguarda solo una frazione dei percettori di RdC tenuti a firmare il patto per il lavoro. Due grandi criticità – spiega l’editorialista - che richiedono maggiore attenzione da governo e opposizione riguardano 'abbassamento del tetto Isee che darà accesso alla nuova misura e la divisione della platea dei potenziali beneficiari in due gruppi distinti per quanto riguarda sia gli importi massimi, sia la durata. L'abbassamento dell'Isee escluderà di fatto per lo più famiglie che abitano nelle grandi città, specie nel Centro-Nord, dove redditi e ricchezza medie sono più alti, ma così anche il costo della vita. Sono personalmente contraria a stabilire soglie territorialmente differenziate per l'accesso a politiche pubbliche nazionali, non solo perché è difficile individuare i confini territoriali adeguati, ma anche perché accanto a costi della vita differenziati c’è, purtroppo, molto spesso anche una disponibilità di beni pubblici (scuola, sanità, trasporti) simmetricamente altrettanto differenziati. Ma abbassare così drasticamente la soglia Isee avrà un impatto negativo soprattutto al Nord. Quanto alla divisione dei beneficiari in due platee conclude - sulla base della presenza o meno di minorenni, persone con disabilità, anziani, per quanto riguarda non solo la durata massima (molto più breve per le famiglie senza quelle figure) ma anche l'importo massimo (rispettivamente 500 e 375 euro per una persona sola) non se ne capisce la logica”.
 
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