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Attenti ai simboli
Redazione InPiù 30/01/2023

Augusti Minzolini sul Giornale mette in guardia dall’utilizzo improprio dei simboli: “Ci sono tanti modi per approcciare il caso dell'anarchico Alfredo Cospito - scrive il direttore - c'è un problema di pericolosità che motiva il regime del 41 bis. C'è poi il tema dello Stato, che non può trattare o cedere alle minacce di gruppi eversivi, non può soccombere o farsi mettere in un angolo: una ragione per cui 45 anni fa fu sacrificato Aldo Moro. E c'è anche una questione umanitaria. Punti di vista diversi, difficili a coniugare insieme che rendono il caso «controverso», per cui ogni epilogo presenta «pro» e «contro». C'è però un altro aspetto da valutare. Per alcuni versi più politico, su cui il governo dovrebbe interrogarsi. Nell'atteggiamento di Cospito, nei suoi comportamenti, nella caparbietà con cui persegue il suo obiettivo – sottolinea Minzolini - c'è un'ansia di martirio. Non per nulla - a quanto pare - l'anarchico non chiede che il regime di 41 bis sia tolto solo a lui, ma anche agli altri detenuti, terroristi o mafiosi poco importa. In teoria quindi anche a Matteo Messina Denaro. Una richiesta irricevibile. Cospito, quindi, è mosso dal desiderio di diventare un simbolo. Qualcuno ha fatto il paragone con l'attivista dell'IRA, l'irlandese Bobby Sands, che scelse la strada dello sciopero della fame nel 1981 fino a morirne. Anche un epilogo del genere, però, in un modo o nell'altro, si rivelerebbe una sconfitta per lo Stato. Perché nella società della comunicazione, dei media il sacrificio, al di là delle ragioni che ci sono dietro, sprigiona un fascino magnetico. Può rivelarsi una miccia in un Paese in cui c'è disagio sociale. Ecco perché il governo nelle sue valutazioni deve soppesare con attenzione le conseguenze anche di un epilogo tragico. La fine drammatica di Cospito rischierebbe di iniettare nelle menti più deboli il germe del desiderio della ribellione violenta, del gesto dimostrativo, insomma del terrorismo, quel virus infernale che ci ha appestato per decenni. Il sacrificio – conclude - è, appunto, la scorciatoia per imporre un modello da emulare”.
Nadia Urbinati, Domani
“Fatta l'Italia si facciano gli italiani, disse Massimo d'Azeglio. La scuola pubblica servì anche a questo. La politica del governo Meloni va in tutt'altra direzione e farà del regionalismo differenziato un fatto compiuto a partire dalla scuola”. Nadia Urbinati su Domani critica duramente la proposta del ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sulle buste paga differenziate dei docenti: “Un tempo – scrive Urbinati - c'era la ‘scala mobile’ che legava i salari all'andamento dei prezzi. La destra lancia una ‘scala mobile regionale’ che, se attuata, determinerà di fatto la diseguaglianza di trattamento tra dipendenti pubblici. A questo sistema di differenziazione stipendiaria con ‘bonus’ per ‘merito’, il ministro propone di aggiungere qualcos'altro: aprire le porte ai privati per nuove forme di finanziamento agli istituti scolastici. Molte aziende – sottolinea l’editorialista - saranno disposte a finanziare certi istituti e solo in alcuni territori, con buona pace delle scuole situate in contesti socio economici più fragili e di scuole non funzionali agli interessi delle aziende. Perché c’è bisogno di risorse private? Per coprire l'integrazione regionale degli stipendi. Ecco squadernata la produzione di diseguaglianza per mezzo di diseguaglianza: con il ‘bonus individuale’ si premiano gli insegnanti che non chiedono trasferimenti favorendo quindi una graduale omogeneità regionale del corpo docente. Con i finanziamenti privati si aggiungono premi agli insegnanti di specifiche regioni. La perversione inegalitaria del governo di destra è stata denunciata dal sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ex ministro dell'Università. Ciliegina sulla torta: la regionalizzazione degli stipendi dividerà il corpo docente del paese e indebolirà il sindacato, poiché chi insegna al nord sarà molto meno solidale con i problemi di chi insegna al Sud. Signori – conclude Urbinati - la disunione d'Italia è servita”.
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