Versione stampabile Riduci dimensione testo Aumenta dimensione testo

La scelta definitiva di Kiev

Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani

Redazione InPiù 29/01/2023

In edicola In edicola Angelo Panebianco, Corriere della Sera
Sul Corriere della Sera, angelo Panebianco confuta la tesi delle guerre per procura: “Due idee circolano fra i critici dell’appoggio occidentale alla Ucraina. La prima – scrive l’editorialista - è che quella degli ucraini sia una «resistenza per procura», per conto terzi. È il governo degli Stati Uniti che se ne serve perpetuando così la guerra. Essa non sarebbe altro che un aspetto della competizione di potenza fra Stati Uniti e Russia. La seconda idea è che Zelenzky sia un prepotente, un ingordo.Tanto l’idea della resistenza per procura quanto il giudizio su Zelensky, si reggono su un assunto: nelle guerre, e più in generale nella politica internazionale, contano solo i governi, le persone comuni non contano nulla, ciò che esse credono e vogliono vale meno del due di picche. Ci sono alcuni «pupari» e tutti gli altri sono pupazzi manovrati dai primi. In realtà, le guerre per procura non sono mai esistite: coloro che localmente si combattono lo fanno per ragioni che dipendono dai loro (locali) contenziosi. Lungi dall’essere i pupari – prosegue Panebianco - le grandi potenze si accodano, sono obbligate a sostenere, ciascuna, il proprio cliente. Per le stesse ragioni non esiste nemmeno la resistenza per procura. Le armi della Nato non sarebbero servite da sole a fermare «l’operazione speciale», l’invasione russa dell’Ucraina. A fermarla è stata la volontà degli ucraini di non soccombere, di non farsi schiavizzare da Putin. Zelensky è la loro guida ma nulla avrebbe potuto se un intero popolo non avesse scelto di seguirlo nella difesa del proprio Paese e della propria libertà. Proprio pensando ai cittadini ucraini, combattenti e non, e a cosa è accaduto nelle loro menti e nei loro cuori, possiamo dire che questa immane tragedia almeno una cosa buona l’ha prodotta: l’Ucraina non è più un «Paese in bilico», diviso fra Oriente e Occidente. E ciò rafforza anche l’Europa, ne allarga i confini. È forse questa la più grave sconfitta di Putin. Anche certi giudizi su Zelensky il «prepotente» sono il frutto della stessa sottovalutazione di ciò che vogliono gli abitanti dell’Ucraina. Pensare che i leader possano decidere in piena autonomia, prescindendo dagli orientamenti e dai sentimenti di quelle persone – conclude - è frutto di un abbaglio”.
 
Enrico Franceschini, la Repubblica
“Il mondo nuovo creato dall’invasione russa dell’Ucraina alimenta una guerra segreta in Medio Oriente”. Così Enrico Franceschini su Repubblica commentando lo scenario internazionale: “È questa – scrive - la prima riflessione che si può fare di fronte al misterioso attacco di sabato notte a una fabbrica militare in Iran. Circolano varie ipotesi su chi abbia organizzato il raid con droni lanciati dalle vicinanze dell’importante stabilimento di armamenti a Isfahan: se Israele come ammonimento al programma nucleare degli ayatollah, gli Stati Uniti per colpire la rete di aiuti militari di Teheran a Mosca nel quadro del conflitto in Ucraina, o una possibile alleanza fra Washington e Gerusalemme, ciascuno con i propri interessi. Il tempo dell’appeasement, dell’accomodamento a ogni costo pur di evitare immediate deflagrazioni, è tramontato. Non sarebbe la prima volta – osserva l’editorialista - che Israele colpisce il regime degli ayatollah: un ennesimo monito a ciò che Netanyahu in passato ha più volte minacciato di fare, se Teheran cercherà di dotarsi di armi atomiche. La seconda ipotesi è che l’attacco sia un’operazione della Cia, con due messaggi: uno all’Iran, affinché smetta di aiutare militarmente la Russia fornendole droni e altre armi per la guerra in Ucraina; uno a Mosca, affinché sappia che non ci sono soltanto le sanzioni occidentali a limitare le sue forniture militari estere. Ma nell’equazione iraniana è in gioco pure un terzo elemento: le manifestazioni di protesta di massa che durano da mesi a Teheran e in altre città del Paese per i diritti delle donne e in senso più ampio per la democrazia. Una nascente guerra civile in cui l’amministrazione Biden non può intervenire, ma colpire in qualunque modo il regime è un atto di solidarietà anche nei confronti dei dimostranti che rischiano la vita per opporsi agli ayatollah. In definitiva, tutto si lega nella sfida tra democrazie liberali e autocrazie riaccesa dall’invasione russa dell’Ucraina. Come dire – conclude - che il mondo nuovo creato dalla guerra in Ucraina può includere una guerra segreta in Medio Oriente”.
 
Massimo Giannini, La Stampa
Massimo Giannini sulla Stampa interviene sul caso Cospito e richiama all’attenzione “il dovere di uno stato”: “Di fronte all’offensiva violenta degli anarchici, agli attacchi alle ambasciate e alle molotov contro i commissariati di Polizia – scrive il direttore - fa benissimo il governo a ribadire che lo Stato non scende a patti con chi minaccia le istituzioni. Fissato questo principio, irrinunciabile per una democrazia, va detto però che sulla delicata vicenda di Alfredo Cospito c’è solo una cosa che lo Stato, nelle sue più diverse articolazioni, non deve fare: lavarsene le mani. L’uomo non ha ucciso nessuno, ma ha commesso reati gravi, per i quali sta scontando la pena dell’ergastolo ostativo, in regime di 41 bis. Non è Gesù, al contrario. Ma a prescindere da ogni valutazione sulla fondatezza e sull’asprezza della pena che gli è stata inflitta, quando ci sono di mezzo il Diritto e i diritti, chi li amministra non può fare il Ponzio Pilato. Fa Ponzio Pilato la Corte di Cassazione, che giovedì scorso ha rinviato di un mese la decisione sulla legittimità del 41 bis per Cospito e quella sulla costituzionalità o meno dell’ergastolo ostativo. Fa Ponzio Pilato l’Amministrazione penitenziaria, che considerate le condizioni di salute potrebbe disporre il trasferimento di Cospito in una struttura carceraria adatta ad assicurare le cure necessarie. Fanno Ponzio Pilato la Procura di Torino e la Procura Nazionale Antimafia che, potrebbero addirittura emettere un parere favorevole alla sospensione del 41 bis. E sta facendo Ponzio Pilato proprio il Guardasigilli, al quale l’avvocato di Cospito ha inviato un’istanza di revoca del carcere duro. Carlo Nordio, in presenza di questo ‘fatto nuovo’, potrebbe disporre la revisione del regime carcerario di Cospito. Dice di avere il dossier sul tavolo da mesi, ma non fa niente. Così, in questo accidioso e pericoloso “non fare”, il detenuto rischia di morire. Lo Stato deve evitare questo drammatico finale della storia. Sia perché ha il dovere di tutelare la salute di tutti i cittadini, a maggior ragione di quelli che hanno commesso reati e per questo, privati della libertà, sono affidati alla sua custodia. Sia – conclude Giannini - per non trasformare Cospito morto in un martire”.
Altre sull'argomento
La sfida geopolitica di Pechino
La sfida geopolitica di Pechino
Ricordando Napoleone: "Quando la Cina si sveglierà il mondo tremerà"
Incalzare Pechino
Incalzare Pechino
Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Altro parere
Altro parere
I conti storti della guerra
Pubblica un commento
Per inserire un nuovo commento: Scrivi il commento e premi sul pulsante "INVIA".
Dopo l'approvazione, il messaggio sarà reso visibile all'interno del sito.