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Altro parere

Se non ora, quando?

Redazione InPiù 25/01/2023

Altro parere Altro parere Augusto Minzolini, il Giornale
Augusto Minzolini sul Giornale parla di occasione storica per la riforma della giustizia: “Per una volta nella Seconda Repubblica un esponente riferibile al centrodestra, in questo caso Fabio Pinelli indicato dalla Lega, è diventate vicepresidente del Csm. Non era mai successo, come per il Presidente della Repubblica, neppure durante i governi di Silvio Berlusconi. E caduto, quindi – scrive Minzolini - un mezzo tabù, a dimostrazione che gli equilibri nella magistratura e in Parlamento sono favorevoli ad una grande riforma della giustizia. Ci sarebbe quasi da riprendere il titolo di un romanzo di Primo Levi, spesso evocato a sinistra: «Se non ora, quando?». Già le circostanze hanno dato a questa maggioranza di governo un'occasione imperdibile. Anche perché pure un pezzo dell'opposizione è interessato a cambiare in meglio, ad «aggiustare», per dirla in questo modo, la nostra giustizia: ieri, quasi contemporaneamente, sia il Terzo Polo, sia Forza Italia hanno messo in agenda uno dei punti cardine della riforma, cioè la separazione delle carriere tra giudici e Pm. Inoltre – prosegue il direttore - c'è un Guardasigilli come Carlo Nordio, che ha alle spalle una lunga carriera da pubblico ministero e che conosce bene per esperienza personale le magagne inique e perverse del nostro sistema giudiziario. Né manca di coraggio, visto il duello che ha ingaggiato con i giustizialisti, in toga e «non», sulle regole delle intercettazioni. Non riuscire in queste condizioni - per alcuni versi irripetibili - sarebbe una pesante sconfitta. Più l'occasione è grande, infatti, e più, in caso di insuccesso, le conseguenze sarebbero gravi per la coalizione. E’ il risvolto della medaglia. Anche perché la partita si gioca tutta in casa. Certo la sinistra massimalista e il grillismo di ritorno tenteranno di innalzare barricate, lo stanno già facendo. Ma è inutile dire che sono tutti motivi in più per condurre in porto una riforma che deve impedire, innanzitutto, l'uso politico della giustizia, cioè la grave patologia di cui è affetto il nostro sistema da decenni. Un'impresa – conclude - che per riuscire ha bisogno innanzitutto di una maggioranza coesa”.
 
Marco Impagliazzo, Avvenire
Marco Impagliazzo su Avvenire esorta l’Europa a tornare alle sue radici pacifiste: “Nelle scorse settimane - scrive - al Parlamento Europeo, un emendamento a una proposta di risoluzione sulla politica estera dell’Unione che invitava a mettere in campo urgentemente «sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra in Ucraina e alle sofferenze del popolo ucraino», è stato rigettato con più di 470 voti su circa 630. Qual è il senso del rifiuto di uno «sforzo diplomatico»? Sembrerebbe che gli eurodeputati abbiano scelto di respingere l’idea stessa di negoziato, via maestra per la pace. È questa l’Europa che abbiamo sognato, quella che nel 2012 ha vinto il premio Nobel per la pace? È diventato arduo trovare un leader politico che inviti alla mediazione o alla moderazione. Uno Stato europeo dopo l’altro – osserva l’editorialista -conferma la decisione di armarsi di più e di inviare armi sempre più pesanti sul fronte di guerra aperto in Europa, sia pure dalla parte degli aggrediti. E anche l’Unione Europea è contagiata da un atteggiamento bellicista. I decisori e i padroni dell’informazione non parlano di pace ma sono divenuti esperti di armi e strategie militari. Non si considerano i morti, i feriti e i mutilati, le sofferenze indicibili, le distruzioni, le conseguenze già in atto e quelle possibili a livello mondiale. È la Russia che ha dato inizio a questa nuova e terribile fase del tragico conflitto d’Ucraina. Lo ripetiamo alla noia: c’è un aggredito e un aggressore. Ma dopo undici mesi durante i quali la parola è stata data esclusivamente alle armi, mentre la diplomazia è stata imbavagliata, occorre porsi domande stringenti. Pare che la guerra sia riabilitata come unico strumento ed orizzonte praticabile. Eppure, il conflitto non sta avvicinando nessuna soluzione della crisi, che anzi appare lontanissima. Il bellicismo generale della classe dirigente europea, a est come a ovest, tenta di comunicarsi alla pubblica opinione attraverso il sistema dei media vecchi e nuovi, creando un ingranaggio preoccupante. La politica, come la diplomazia – conclude - dovrebbe lavorare per la pace. Sotto traccia, magari, ma incessantemente”.
 
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