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Redazione InPiù 02/12/2022

Cosa ha fatto prima di diventare parlamentare del Pd? «Ho diretto l’Agenzia per il Giubileo, il Consorzio Venezia Nuova che ha progettato il Mose, Lottomatica, le Scuderie del Quirinale, la Quadriennale di Roma, amministratore del Gruppo Espresso e della Rai. Negli anni di Tangentopoli gestivo tanti soldi. Sono fiero di non essere mai stato sfiorato da un’inchiesta». Qual è la lezione? «Nelle aziende servono controlli rigidi interni, richiami a rigare dritto». Lei è stato un potente? «No. Non ho mai raccomandato nessuno». Non ci credo. «Ho difeso persone di valore». Entra in politica grazie a Francesco Rutelli? «Mi chiese di candidarmi per la Margherita al Senato. Era il giugno 2003, avevo già 59 anni. Rutelli è stato un grande sindaco di Roma». Un’elezione senza avversari. «Erano suppletive. La destra non riuscì a raccogliere le firme per proporre un proprio candidato e così mi trovai a gareggiare da solo». Il sogno di ogni politico. «Eletto col 100 per cento dei voti, ma con solo il sei per cento dei votanti, record negativo. Un gol a porta vuota». Chi sono gli altri suoi amici in politica? «Paolo Gentiloni, Dario Franceschini, Rino Formica, Gianni Cuperlo e Mario Draghi». Come valuta la classe dirigente del Paese? «C’è una regressione. Nel dopoguerra avevamo De Gasperi, Togliatti, Moro, Berlinguer, Mattei, Valletta, Paolo VI, Carli, Menichella, La Malfa. Fenomeni». E oggi? «Siamo passati da un pensiero politico profondo al culto della tattica e delle carriere. In troppi vogliono occupare una poltrona politica come in un’azienda privata. Ho visto scene di disperazione in chi non è stato rieletto: la politica come droga» Ma la politica non è sempre stata così? «Un tempo era anche pensiero, ideali, lotta». Il Pd si salverà? «Solo se saprà definire qual è la sua identità. Avrei eletto un segretario traghettatore fino al congresso». Ha rimpianti? «Per lungo tempo mi è dispiaciuto non avere avuto figli, ora non è più un problema». Come festeggerà gli 80 anni? «Con un viaggio in Italia».
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