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Pd e Lega concentratevi sul nemico
Redazione InPiù 01/04/2021

Sul Quotidiano Nazionale, Raffaele Marmo si chiede se sia davvero una priorità l’approvazione della proposta di legge sull’omofobia, o il rilancio di quella sullo ius soli, e la sua risposta è chiara: con 500 morti al giorno, le terapie intensive allo stremo, i ricoveri fin nei sottoscala degli ospedali, le richieste pressanti del nuovo stato maggiore del Pd, con tanto di grillini e Leu al seguito, appaiono un lusso identitario che, però, rischia di creare ostacoli notevoli alla ordinata navigazione del governo Draghi. E, dunque, alla stessa efficace gestione di una fase delicata e decisiva del contrasto della pandemia. Intendiamoci. Non è in discussione in questo momento il merito delle iniziative annunciate o volute dal segretario del Pd Enrico Letta in materia di diritti per gli immigrati e i loro figli e di (presunta) maggiore tutela contro le discriminazioni sessuali e di genere. In altra occasione si potranno mettere a fuoco e valutare le norme che si intende introdurre. Quello che conta, ora, è invece sottolineare il fin troppo evidente obiettivo politico distintamente e volutamente divisivo dell’operazione: si punta a segnare la distanza dalla Lega e definire il collante con Leu (scontato) e, soprattutto, con i grillini, nella prospettiva di un’alleanza elettorale in funzione bipolare. Ma vale la pena, una volta issate le bandiere, ingaggiare qui e ora una battaglia parlamentare per mettere all’ordine del giorno proposte tanto controverse che non hanno nessun collegamento fattuale con le esigenze, i bisogni, le urgenze della comunità nazionale? A noi sembra proprio che non solo non valga la pena, ma che, semmai, tutto l’impegno, tutta l’attenzione, tutta l’attività delle istituzioni («anche» del Parlamento) e dei partiti che hanno dato vita al governo di unità nazionale vada rivolta alla «guerra» senza quartiere contro il virus.
Franco Bechis, Il Tempo
Invasi dalle “mascherine bucate”. Sul Tempo, Franco Bechis si occupa dell’inchiesta sul caso appunto delle mascherine difettose di produzione cinese. E – scrive – sarà necessaria qualche settimana alla Guardia di Finanza per analizzare i dati dei contagi e degli eventuali decessi di personale sanitario in tutti gli ospedali e le strutture in cui sono state utilizzate le 185 milioni di “mascherine bucate” fornite a questi poveracci dalla struttura commissariale governativa guidata allora da Domenico Arcuri. Saranno quei numeri ad aiutare il magistrato della procura di Gorizia, Paolo Ancora, a formalizzare le ipotesi di reato (fra cui è possibile anche quella di omicidio colposo) e la lista degli indagati di una delle più brutte storie che abbia subito l’Italia nell’anno della pandemia. Ma dai continui sequestri su tutto il territorio operati dalla Guardia di Finanza sta emergendo un problema di proporzioni ancora più vaste: l’Italia come accadde all’inizio della pandemia è invasa di dispositivi di protezione individuale - i vari tipi di mascherine - di produzione cinese, importate sottocosto e spesso con certificazione fasulla. Eppure, l’anno scorso Confindustria aveva firmato un accordo con lo stesso Arcuri e la sua struttura per costruire una filiera tutta italiana di mascherine chirurgiche e Ffp2 riconvertendo i siti produttivi di 70 importanti aziende nazionali. Hanno acquistato macchinari molto costosi. Sono riuscite a ottenere la produzione di dispositivi che venivano sfornati a cifre assai contenute. Ma nessuna delle centrali di acquisto pubbliche vi fa ricorso, preferendo gare al massimo ribasso dove trionfano sempre prodotti cinesi dove né qualità né sicurezza è mai garantita davvero.
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